La cultura pavese nel Novecento
   24/08/2023 10:00:00     Home    Comments 0

Per conoscere ed apprezzare l’arte pavese e gli oggetti che rievocano il nostro passato è necessario gettare uno sguardo più ampio sulla cultura del territorio e sulle trasformazioni che hanno interessato le generazioni pavesi nel corso del Novecento. 

La vita in campagna agli inizi del Novecento

Nei primi anni del XX secolo, nei paesi attorno a Pavia la vita è ripetitiva e caratterizzata da ristrettezze economiche. Il livello di scolarizzazione raggiunge a stento le ultime classi delle scuole elementari. Per molti ragazzi e ragazze il lavoro agricolo inizia in età giovanissima. Nelle campagne la vita si basa su legami padronali di origine antichissima, che risalgono al medioevo feudale. 

Il possidente terriero assume i contadini concedendo loro l’uso di un’abitazione, ma proprio per questo ha la certezza di esercitare un’autorità insindacabile. Il padrone, infatti, può decidere di licenziare un lavoratore dopo un solo anno di attività, costringendolo a lasciare la sua dimora e lasciandolo allo sbando.

La vita nelle cascine non è priva di difficoltà ed è regolata da rapporti di forte solidarietà e condivisione. Le famiglie sono quasi sempre molto numerose e i loro membri sono molto uniti, per far fronte ad un’esistenza dura. I figli, appena raggiunta la pubertà, si uniscono alla forza lavoro. 

Le donne contribuiscono non soltanto con pesanti lavori domestici, senza l’ausilio dell’elettricità e dell’acqua calda, ma si occupano anche della cura degli animali da cortile e sono di continuo supporto agli uomini impegnati nel lavoro della terra. Se le bambine in età scolare dimostrano doti eccellenti, possono aspirare a proseguire gli studi diventando maestre.

Vivere a Pavia agli inizi del secolo

In città l’economia si basa sul commercio, sull'artigianato e sull’attività delle piccole industrie. Nel pavese sono attive molte falegnamerie, botteghe di fabbri, sartorie, ciabattini. Grazie alla presenza dell’Università, sorgono diverse stamperie, tipografie e legatorie. Fino agli anni ‘30, lungo il fiume Ticino si svolge un’intensa attività di trasporto fluviale, alla quale è legata la figura del “mùtaieu”, il barcaiolo che pilota le chiatte trasportando merci e materiali da costruzione lungo il fiume, facendo la spola tra Pavia e Vigevano.

Lungo le rive del fiume lavorano le lavandaie, figure femminili che con il tempo hanno assunto un carattere folcloristico per la nostra città. La loro attività ha origine in tempi remoti. Dal ‘400 le donne hanno svolto questo mestiere, che poteva essere molto duro soprattutto nella stagione fredda.

Le lavandaie lavano i panni al fiume per tutta la giornata. Alla sera li lasciano immersi in recipienti di cemento e il mattino seguente li strofinano e li battono su un’ asse di legno, chiamata in dialetto a scägn. Gli uomini  e i bambini hanno il compito di raccogliere il bucato per consegnarlo ai clienti in tutta la città.




La trasformazione industriale del XX secolo

Nella prima metà del Novecento, in Oltrepò e Lomellina sono presenti molte industrie per la trasformazione dei prodotti agricoli: aziende vinicole, caseifici e mulini. Dopo il 1945, avviene una trasformazione legata all’incremento dei trasporti e al miglioramento delle vie di comunicazione. I prodotti possono essere spostati con maggiore rapidità per essere lavorati in aziende più grandi, anche lontano dal luogo di produzione.

Pavia, che all’inizio del secolo era un punto di snodo per il commercio di prodotti già raffinati, diventa sede di industrie fiorenti. Il sistema di vita e la mentalità si evolvono di pari passo con questa evoluzione. Negli anni ‘50 si notano infatti i primi segnali di una profonda trasformazione, sia nelle campagne che in città. 



Nel secondo dopoguerra, molti contadini e braccianti stagionali preferiscono abbandonare la vita nei campi e tentano la fortuna in città. Il richiamo delle grandi industrie, come la Necchi e la SNIA-Viscosa, agisce su di loro come una molla per il cambiamento. La scolarizzazione aumenta, prolungandosi fino ai corsi di avviamento professionale, che aumentano di tre anni il percorso d’istruzione dopo le medie. Il contesto cittadino offre lavoro per tutti, dal garzone all’operaio specializzato, dall’artigiano al commerciante. 

Spostarsi in provincia negli anni ‘50

In questo periodo, il mezzo di trasporto prevalente è la bicicletta. Quasi tutti ne possiedono una e la usano per spostarsi dalla campagna alla città, coprendo a spesso distanze di diversi chilometri su strade non ancora asfaltate. Nei paesi, non è raro che soprattutto le donne si spostino in gruppo sulle loro biciclette, partendo al mattino di buon’ora per recarsi al lavoro in città, dove fanno le sarte, le commesse o le operaie. 

A partire dagli anni ‘50 si diffondono i primi motorini, seguiti dalla Lambretta e dalla Vespa, vere icone di quegli anni. Nascono però anche altri mezzi di trasporto, come la corriera, che permette di spostarsi dalla campagna alla città nel giro di un solo giorno. L’isolamento delle cascine e delle zone rurali si spezza e per le nuove generazioni si apre la possibilità di rapporti sociali ed economici impensabili solo una ventina d’anni prima. Anche il livello d’istruzione aumenta, con la possibilità per i giovani di frequentare le scuole cittadine.

I cambiamenti sociali del secondo dopoguerra

In questo contesto, molti sentono una spinta a migliorare la loro condizione, anche a rischio di fallire. Chi è dedito al commercio ambulante cerca di acquistare un mezzo di trasporto per fare un salto di qualità. Dopo la guerra, nella mentalità degli individui si è ormai fissata la convinzione che il rischio faccia parte della condizione umana e che, con impegno e sacrificio, sia possibile affermarsi nella vita. 

Il boom economico è alle porte, con il suo spirito di incrollabile ottimismo che porterà un forte impulso per lo sviluppo della società, ma anche a tanti casi di fallimento e di rovina personale. Nonostante questo, tutti si attivano per prendere parte al cambiamento. Le famiglie ambiscono a far progredire i figli nello studio e nella carriera e si allarga il divario tra generazioni che presto sfocerà nella contestazione studentesca. 

Gli oggetti usati raccontano il nostro passato

Pavia è molto cambiata negli ultimi decenni, ma il passato da cui veniamo è d’ispirazione per affrontare il futuro. La storia non è fatta solo di grandi eventi che si trovano sulle pagine dei libri, ma anche di oggetti, modi di dire, tradizioni, capaci di raccontare le generazioni che ci hanno preceduti. Per questo visitare un negozio dell’usato assomiglia a un viaggio attraverso una macchina del tempo. Saltando da un’epoca all’altra si possono trovare oggetti sconosciuti e ricordi d’infanzia, o forse cose antiche di cui abbiamo solo sentito parlare. 

Scoprire com’era la vita nel passato ti farà vedere il presente con occhi nuovi, perché non sempre le cose sono come ci hanno insegnato o come appaiono attraverso il filtro dei ricordi. Visitare Unico, il mercatino Smart, è un’esperienza che non devi perdere. Ti aspettiamo in via Aldo Moro 8 a San Martino Siccomario (PV). 

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